Napoli non esiste
Posted on | 6 marzo 2011 | No Comments
Sottoscrivo ogni lettera, punto e virgola dell’editoriale di oggi di Paolo Macry sul Corriere del Mezzogiorno.
Passo dopo passo, Napoli sta diventando uno di quei feudi posti ai confini estremi del reame, nei cui affari il sovrano è costretto ogni tanto a intromettersi per dirimere le solite beghe locali.
E così, dopo la guerra delle primarie, Bersani decide di ignorare i contendenti e inventa un candidato per la carica di sindaco. Sindaco di nomina regia, se mai vincesse (ma è difficile). Dall’altra parte, Berlusconi stoppa i conflitti interni al centrodestra cittadino e, a sua volta, elegge motu proprio il candidato della coalizione. Se non accadrà altro, a contendersi Palazzo San Giacomo saranno – insieme con Luigi De Magistris – due personalità della società civile scelte dai palazzi romani. Non era mai successo che la città fosse a tal punto eterodiretta. Ai tempi di Cirino Pomicino, erano i leader locali a influenzare i governi nazionali e, giusto o sbagliato che fosse, Napoli spesso dettava legge a Roma. Oggi succede l’esatto opposto: nel feudo del Vesuvio, è il sovrano che detta legge.
Ogni vittimismo, peraltro, sarebbe fuori luogo. Bersani e Berlusconi non sono intervenuti per brama di potere, ma perchè costretti dalla latitanza della città. Napoli viene governata da Roma perchè non è capace di governarsi da sola. Non sa neppure contare i voti delle primarie o firmare una mozione di sfiducia. La sua condizione politicamente servile nasce dal fatto che le classi dirigenti hanno rinunciato a guidare la comunità, a elaborare prospettive strategiche, a interloquire autorevolmente con lo Stato e perfino a risolvere questioni elementari come la raccolta dei rifiuti. Ignorano cosa significhi mobilitare una popolazione, offrirle opportunità materiali e valori civici. Non sono neanche in grado di agitare le usuali recriminazioni del discorso pubblico meridionale.
Ricche o meno, europee o mediterranee, Torino, Milano, Bari, Palermo sono comunità dotate di vita propria. Si autogovernano, inventano formule politiche, fanno debite e indebite pressioni sul centro. In una parola, esistono. Invece, indecorosamente prona a ogni straniero, politicamente stralunata, amministrativamente inetta, Napoli non c’è più. Le sue stesse vistose emergenze non interessano nessuno. Con la medesima indifferenza con la quale si legge dell’ennesima strage in Irak, l’opinione pubblica è assuefatta alle bizzarre notizie che vengono da Napoli.
Ne è lecito prendersela con i pregiudizi etnici dei “nordisti”, perchè viene il dubbio che non siano pregiudizi. A diventare più impalpabili del fumo non sono ormai soltanto le élite politiche. E’ l’intero scenario urbano che assume il segno dell’evanescenza. Le sue piaghe si fanno cancrena ma, quasi fossero sotto morfina, approdano sulle rive di una smemoratezza irreale. I rifiuti stazionano nelle strade ma scompaiano dall’orizzonte psichico dei cittadini. I taglieggiatori vessano i commercianti ma è come se non accadesse. Le auto sprofondano nelle buche ma con la leggerezza onirica dei gabbiani. I disoccupati incendiano le strade ma una mediocre rispettabilità si volta dall’altra parte. Potrebbe succedere presto – forse sta già succedendo – che, come in un incubo kafkiano. Napoli si risvegli senza corpo, invisibile, inesistente.