la guerra e il prosciutto sugli occhi
Posted on | 9 marzo 2010 | No Comments
Il commento su La Stampa dell’ottimo Maurizio Molinari offre come al solito interessanti spunti di riflessione. The Hurt Locker è innanzitutto un bel film. Tutta la retorica antimililtarista che aveva crocifisso la Bigelow prima delle sei-statuette-sei, è in parte rimasta spiazzata, in parte ha tentato complicate arrampicate sugli specchi.
Io in realtà penso che sia un film nè contro la guerra in Iraq, nè a favore. Racconta i fatti come stanno e basta, e lo fa senza un briciolo di retorica. La sceneggiatura è stata scritta da un giornalista, Mark Boal, inviato sul campo in Iraq che ha visto con i sui occhi cosa significhi essere un militare americano oppure un civile iracheno in una zona di guerra. Punto.
E’ un film contro la guerra in generale come – è ovvio – lo sono tutte le persone civili. Talmente contro la guerra che ci mostra come i suoi orrori possono rendere addicted anche chi un’alternativa di vita normale che lo aspetta a casa ce l’ha, come il protagonista.
La Bigelow se ne fotte di prendere una posizione politica. Ci mostra invece nel suo film quanto la guerra faccia schifo. E chi sono e cosa provano coloro che devono farla perchè indossano un’uniforme. Perchè, purtroppo, il mondo è questo e le guerre ci sono da che esiste l’uomo sulla faccia della terra. Le anime belle che a corrente alternata auspicano un mondo popolato dalle caprette di Heidi che saltano sui prati e ti fanno ciao vivono – spesso in malafede – nella realtà delle favole.
The Hurt Locker è un film, non l’inutile Assemblea delle Nazioni Unite. Tutto il resto sono chiacchiere da bar fatte sulla pelle di chi salta in aria, con o senza divisa.