Fred Thompson, mocassini e primarie
Fred Thompson era il mio candidato preferito alle primarie dei repubblicani per le presidenziali del 2007.
Quando annunciò a sorpresa che avrebbe corso contro Giuliani, McCain e gli altri schizzò immediatamente nei sondaggi. Entusiasmo alle stelle. Era presidenzialissimo.
Obama ancora non era ancora esploso come superfenomeno sulla sponda dei democratici.
Ma poi, all’improvviso, Fred iniziò a mollare. Saltò una tappa, poi un’altra. Crollo nei sondaggi. Silenzio tombale da parte sua. Poi il mesto annuncio del suo ritiro dalle primarie.
Le critiche furono subito: è pigro, non gliene frega niente, etc. Circolarono leggende sui suoi mocassini di Gucci, sul fatto che si scocciava di andare alle cene elettorali.
Sul National Review, a distanza di tre anni, Thompson ha detto la sua riguardo alle etichette negative che gli furono appiccicate in quelle primarie.
un flash stamattina all’improvviso
Qualche anno fa Antonio Monda, amico e compare di avventure, conoscendo la sconfinata ammirazione che ho per Michael Cimino mi invitò ad un pranzo in famiglia a casa di suo fratello Andrea a Roma. Una cosa informale e ristretta: la famiglia di Andrea, io, Antonio, Cimino e la sua manager-compagna-assistente e la figlia di quest’ultima. Il regista avrebbe partecipato quella sera ad un evento in suo onore all’Auditorium.
Ad un certo punto la conversazione cade su L’Anno del Dragone e Cimino parte con una raffica di maleparole e insulti verso la buonanima del grande Dino De Laurentiis reo di averlo costretto in fase di montaggio a stravolgere il film che lui aveva in mente. Praticamente un film che lui quasi disconosce.
Io stavo per dirgli che c’è una sequenza del film che mi ha sempre emozionato, ma mi blocco preoccupato della sua possibile reazione.
E mentre rimurgino sul da farsi lui fa: “una delle pochissime scene che sono riuscito a salvare dai tagli di quel figlio di puttana è ….”.
Non ho detto nulla, ma avrei fatto la ruota sul tavolo da pranzo.
E’ questa.
ci vuole tempo per affrontare certe cose
Jonathan Franzen e David Foster Wallace erano amici. Ma amici sul serio.
Sull’ultimo New Yorker Franzen racconta di un suo viaggio su un’isola lontana, di Robinson Crusoe e della solitudine.
E del suo amico.